Articolo Laura Mari de "La Repubblica"
ROMA – “Giornalisti, siamo giornalisti, stampa stampa” ho gridato
d’istinto con le mani alzate cercando di evitare le prime manganellate
assieme ad altri due cronisti che si trovavano accanto a me. Ma quando
ho visto la violenza con cui gli agenti colpivano gli studenti, circa
una trentina di ragazzi e ragazze tra i 20 e i 26 anni chiusi in uno
spazio di neanche 20 metri quadrati, ho tentato di scappare.
Sono all’incirca le 15 quando gli studenti dell’Onda, dopo una
giornata di cortei, arrivano alla stazione Ostiense, a Roma, per
bloccare simbolicamente i binari. Stavo tentando di scavalcare i
tornelli per raggiungere, assieme ai fotografi e agli altri cronisti,
le banchine prima che arrivasse il resto del corteo. Ma è bastato
attendere qualche frazione di secondo in più, giusto il tempo di
aspettare che un cameraman oltrepassasse il tornello, per sentire le
urla degli studenti dietro alle mie spalle e vedere più di una decina
di agenti di polizia in tenuta antisommossa sferrare i manganelli
contro di noi. Ho sentito un rumore sordo, un dolore improvviso alla
testa. La prima manganellata.
Gli studenti si spintonavano per uscire dai cancelli sbarrati dalle
forze dell’ordine. Urlavano agli agenti di smetterla di picchiare,
tenevano le mani alzate. Ho trovato un piccolo passaggio nella ressa,
mi sono coperta la testa con le mani e ho sentito il secondo colpo. Più
forte, duro, secco. Sopra il gomito. Dietro di me una voce :”Di qua di
qua, passate di qua” gridavano i pendolari della stazione.
E mentre la polizia continuava a manganellare, sono riuscita a
scappare, insieme agli studenti, dalla gabbia della stazione. Qualche
ragazzo è caduto e, mentre tentava di rialzarsi, è stato colpito
nuovamente dalle forze dell’ordine. A quel punto, dal corteo degli
studenti che si trovavano fuori dalla stazione Ostiense sono iniziati i
cori contro gli agenti di polizia. Sono volate bottiglie di plastica e
di vetro, non più di una decina.
Mi sono guardata attorno: c’erano studenti che piangevano. Una
ragazza si teneva la testa, un’altra si toccava il braccio dolorante.
Un ragazzo perdeva sangue dalla testa. E tutto questo per aver cercato
di scavalcare i tornelli e tentare di bloccare, simbolicamente, i
binari di dei treni. Una decisione che gli studenti dell’Onda avevano
preso almeno un’ora prima di raggiungere la stazione Ostiense. Lo
avevamo capito noi giornalisti quando abbiamo visto i leader della
protesta che concordavano il percorso con i dirigenti delle forze
dell’ordine e ci sembrava impossibile che non lo avessero capito anche
loro.
Eppure, all’ingresso della stazione, gli agenti si sono schierati ai
lati dell’edificio. Quasi ad attendere che gli studenti entrassero per
poter poi intervenire.
Mentre mi accorgo che negli scontri mi si erano spaccati anche gli
occhiali, sento una ragazza avvicinarsi e dirmi “vieni via, corri”. Mi
giro e mi rendo conto che gli scontri stanno ricominciando. Da fuori
intravedo un fuggi fuggi davanti all’ingresso della stazione Ostiense.
Poi torna la calma. E gli studenti dell’Onda tornano in corteo verso la
Sapienza.
(La Repubblica 8 novembre 2008)